giovedì 8 maggio 2014

08. Fuoco nemico

Una volta trovai il Che pieno di minuscole ferite che si facevano più fitte sulla parte sinistra del muso e delle spalle: i cacciatori! La casa sul Monte era in costruzione, nessun recinto la delimitava e gli uomini col fucile erano soliti attraversarne la terra per andare a sparare gli uccellini. Il comandante, col suo abbaio persistente, sicuramente aveva dato fastidio allo sport domenicale di quei disgraziati e ne aveva ricavato una pesante ritorsione: un colpo sparato da lontano, ma nella sua direzione, che lo aveva preso di striscio e di rimbalzo, come dimostrava il fatto che non ci fosse una ferita unica profonda e sanguinante, ma solo piccole lacerazioni non più larghe di un'unghia di mignolo. Gli feci delle medicazioni e in pochissimi giorni non si vedeva più niente, per fortuna.
Ancora una volta si disse, a casa, che quel nome ce lo aveva cucito addosso e che gli stava segnando le sorti.
Parecchi anni dopo quei pallini riemersero e quelle antiche ferite si riaprirono, come accade a quei ricordi che, sepolti per anni, ritornano all'improvviso. Successe che di punto in bianco il comandante fu di nuovo pieno di piccole lacerazioni e una, in particolare, permise di ricollegare gli eventi: sul naso aveva una piccola formazione dura e tondeggiante che perse la sua consistenza una volta squarciata la pelle che la ricopriva. Il corpo aveva rigettato i piombini, espellendo tutti quelli che poteva. Fu inevitabile una visita dal veterinario per verificare lo stato di un'eventuale intossicazione e la possibilità di estrarre i pallini: una lastra mostrò che sarebbe stato impossibile. Erano tantissimi, conficcati a varie profondità ma non in posizioni così pericolose da rendere necessario un intervento. Tutti quelli che non erano stati espulsi perché troppo profondi, sarebbero rimasti con lui vita natural durante.
Quindi a vita si portò dietro quei pallini e un odio profondo per i cacciatori, a cui abbaiava con la sua voce rauca e fastidiosa anche vedendoli da lontano.

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